mercoledì 19 aprile 2017

statalequarantotto

- e quindi?
- e quindi niente, sono qui al pronto soccorso. rotto è rotto, ma non ci possono fare niente. devo solo stare a riposo. non posso camminare, ne' guidare. però se vuoi puoi passare a prendere la macchina
- maffigurati. riguardati che io mi organizzo per andare su da solo.
come avrebbe detto il veterinario dell'amaro montenegro "la trasferta lavorativa in trentino si presentava difficile, ma c'era un appuntamento di lavoro da salvare..."
e allora sono sceso in box, ho staccato i cavi del mantenitore di carica, infilato i rayban e acceso la moto.
ok detto così fa molto figo: in realtà ho anche passato un giorno e mezzo a studiare il meteo, decidere come vestirmi, se mettere la maglia di lana per tenere caldo il pancino... se lo sapesse il veterinario dell'amaro montenegro... sai che scenata!
e così, per via di una frattura scomposta (non mia, del collega con cui dovevo andare in trasferta) mi sono ritrovato a gestire ottocento chilometri di viaggio in moto.
le previsioni mettevano temperature siberiane con possibile neve, ma ho deciso di fregarmene. sono partito di buon mattino col fresco, per evitare l'afa delle ore centrali, e quando ho lasciato la a22 per imboccare la statalequarantotto avevo già perso la sensibilità a mani e piedi. la strada ha iniziato a salire verso le dolomiti e a ogni curva sentivo il freddo sempre più pungente che si infilava sotto la giacca. a mezzogiorno sono arrivato in hotel.
- buongiorno. ma è venuto in moto con questo tempo?
[abbozzo un sorriso mentre cerco di togliermi gli occhiali da sole come potrebbe fare robert redford, ma le braccia assiderate mi danno la naturalezza di movimenti di boris karloff in "frankenstein"]
- 'amera 'sponibile?
- si certo la camera è già disponibile. vuole mangiare qualcosa?
- 'azie
mi rendo conto che la faccia è rimasta bloccata nell'abbozzo di sorriso alla redford e sembro colto da paresi. la receptionist dell'hotel è visibilmente preoccupata e decide di accompagnarmi in camera, caso mai tirassi le cuoia per le scale. in ascensore vengo colto da tremori incontrollabili. capisco che l'effetto generale è quello di un tossico in crisi di astinenza, anche perché sono "pettinato" da quattro ore di casco.
l'effetto robert redford è irrimediabilmente sfumato.
prendo possesso della camera, mollo il bagaglio e corro a fare il pieno di carboidrati. dopo mezzora riesco persino a flettere le ginocchia. il termometro esterno segna cinque gradi, con vento teso da nord che fa scendere la temperatura percepita ben al di sotto dello zero. se si aggiunge la velocità della moto, calcolo che devo aver fatto gli ultimi trenta chilometri tra i meno dieci e i meno quindici.
passo il pomeriggio in varie riunioni, cena, nanna, e la mattina successiva si riparte verso casa.
stavolta i gradi sul termometro sono solo due, però per fortuna il vento è aumentato di intensità.
ho addosso quasi tutti i vestiti che avevo ficcato nello zaino, comprese tre paia di calze felpate. arrivare a fondo valle non è esattamente una passeggiata, ma riesco comunque a godermi le curve della ss48, il calore che sale dal motore, e gli scoppiettii in fase di rilascio che fanno sobbalzare gli automobilisti che mi stanno (troppo) attaccati agli scarichi.
arrivo all'autostrada e, per fortuna, tutto cambia. continua a fare freddo ma è una temperatura gestibile. mi taro sui 110-120 orari e scialo per tutto il viaggio di ritorno, superando allegramente l'immancabile coda per incidente e scambiando qualche sorriso coi soliti curiosi (due benzinai e un camionista) che fotografano la moto, la guardano e annuiscono con aria complice.
un viaggio nato per caso, sotto i peggiori auspici, e diventato una gita stupenda.
ma poi, pensandoci, quand'è che non si sta bene in moto?

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