giovedì 12 febbraio 2015

una giornata particolare

in ordine cronologico.
ci svegliamo presto. tanto. troppo. colazione veloce (per quanto sia possibile con così tanto sonno) e usciamo nel freddo milanese.
arriviamo in stazione con un po' di agio (neanche troppo per uno che ha costretto la moglie ad arrivare all'aeroporto con 4 ore di anticipo sull'orario di partenza del volo) e decido di concedermi un caffè.


siamo ancora moderatamente svegli e pimpanti, in fibrillazione per la giornata che ci aspetta e speranzosi di poter vedere un'italia come si deve.
in treno ci lasciamo andare a piacevoli conversazioni, frizzi, lazzi, scherzi, battute al fulmicotone e chi più ne ha... questa foto ritrae il caponano al culmine del suo estro comunicativo.


per fortuna che mi ero portato da leggere, va... ma soprassediamo. partiamo con un po' di preoccupazione perché nei giorni precedenti è caduta molta neve con conseguenti ritardi e cancellazioni di treni. un po' per la verve del mio compagno di viaggio e un po' per la preoccupazione, mi addormento appena fuori milano e mi sveglio appena passata bologna, giusto in tempo per godermi la vista dell'appenino imbiancato da due metri di neve.
a firenze abbiamo circa mezzora di ritardo. a roma abbiamo accumulato 40 minuti. poco male, il treno che abbiamo preso arriva con largo anticipo (e ridagli con la mia mania del largo anticipo) e ci possiamo permettere di perdere un po' di tempo.
siamo saliti a milano con una temperatura polare.
scendiamo a roma dove sembra maggio inoltrato.
il nostro abbigliamento appare leggermente inadeguato.
con addosso camicia di flanella, pile, felpa, sciarpe, berretti di lana, guanti e parka sembriamo la versione moderna di totò e peppino che scendono alla stazione di milano con colbacco e pelliccia.
guardo il caponano e cerco vigliaccamente di far ricadere su di lui la colpa. mi fissa in silenzio per cinque secondi buoni facendo schioccare la lingua contro il palato in un modo che giudico alquanto minaccioso e decisamente inquietante. soprassiedo.
ci spogliamo per entrare nella sauna delle metro e, dopo qualche trasbordo e un po' di sballottamenti arriviamo allo stadio a mezzogiorno preciso.
mancano ancora tre ore alla partita, quindi ci concediamo una pausa ristoro, di cui abbiamo una diapositiva



mangiamo dei panini di dimensioni agghiaccianti preparati da me medesimo che vengono giudicati "eccezzzzionali" dal caponano, ci dissetiamo e giriamo con due gonzi per gli stand cercando di spendere la maggior quantità di denaro delle mancette natalizie nel minor tempo possibile.
finito di girare, visitato tutto il visitabile e debitamente rifocillati decidiamo di entrare per guadagnare i nostri posti.


il nano è preoccupato: "papà ma lo stadio è vuoto... non è venuto nessuno a vedere l'italia"
mi sento di rassicurarlo: "tranquillo amore, immagino che gran parte del pubblico inizierà ad entrare quando mancheranno meno delle due ore attuali... sai come sono certe persone... arrivano sempre all'ultimo"
nonostante i tentativi (falliti) di strangolarmi con la sciarpa della nazionale, il caponano deve ammettere che essere arrivati così presto gli piace perché riesce a godersi con calma l'atmosfera, a guardare tutto quello che succede e a gustare la parata di personaggi (per noi) famosi e quasi mitici.
nell'ordine vediamo sfilare: andrea lo cicero (con cui mi rendo protagonista di un simpatico siparietto comico quando gli chiedo di farci una foto assieme e per errore aziono la videocamera, riprendendo un filmato di me che litigo col cellulare), il duo raimondi-munari con il secondo che più che altro si intuisce (papà ma dov'è munari? tesoro è dietro raimondi, se guardi i piedi si intravedono il resto è coperto...), chef rubio, brunel (che non è il figlio segreto di fernandel come alcuni di voi sicuramente penseranno) e tanti altri.
ci godiamo tutto il riscaldamento, quasi senza dire una parola, urlando solo il nome di qualche giocatore di quando in quando:
- bergamauro!
- guarda, campagnaro!
- ugo gori!
- bortolami?
- infortunato
- bergamirco?
- eccolo
ogni 3 minuti circa il caponano si aggrappa al mio braccio e urla di gioia strattonandomi a destra e a sinistra.
- castro!
- parisse?
- là in fondo
- zanni si è tagliato i capelli
(mi meraviglio che sia riuscito a mettere assieme una frase di senso compiuto).
siamo in fibrillazione. partono gli inni nazionali e, manco a dirlo, non ci tiriamo indietro. l'adrenalina scorre a fiumi e, proprio sul calcio d'inizio, gli irlandesi che hanno prenotato i posti davanti ai nostri decidono di entrare tutti assieme, venendo a sedersi con tutta calma.
in nome della fratellanza tra i popoli resistiamo all'istinto di sterminare la loro progenie e confiscare le loro terre, come del resto sarebbe nostro pieno diritto, e aspettiamo di poterci godere la partita.
gli ottanta minuti passano in un soffio. una partita deludente. con una buona difesa e un possesso inesistente e che alla fine si conclude con una nostra nettissima sconfitta. ventisei a tre per l'irlanda.
le nostre facce dicono tutto


ci consoliamo con una tavoletta di cioccolato alle nocciole. il caponano lo guarda, lo rigira tra le dita e alla fine sentenzia: "papà questo gli irlandesi non ce l'avranno mai. il cioccolato [marca che ometto] è una vera eccellenza tutta nostra"
piccolo cuore di vero italiano.

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