venerdì 13 gennaio 2012

seimila metri di buco

come ho già avuto occasione di dire, abisso è una parola che mi piace un sacco. una delle parole da salvare dall'estinzione. una parola che per qualche motivo sta sparendo dal nostro lessico quotidiano. qui a sinistra, ad esempio, potete trovare una foto satellitare in cui è evidenziata l'area dell'abisso laurenziano.
e se già mi piace parlare di "abisso" quando sento "abisso laurenziano" mi devo sedere con la testa reclinata all'indietro...
se avete visto caccia a ottobre rosso, sapete perché.
la cosa bella è che il concetto di abisso ha una marea di applicazioni pratiche che noi nemmeno ci immaginiamo.
me ne sono reso conto questa mattina alle tre e cinquantuno minuti esatti quando, sveglio come un grillo, ho terminato il mio giro di elucubrazioni serali e sono finalmente riuscito a prendere sonno.
io ad esempio ho un vero e proprio abisso laurenziano sugli scaffali dove tengo i cd.
un solco profondo migliaia di metri e che si estende attraverso due millenni. la parete ovest scende a precipizio verso profondità insondabili in corrispondenza dell'anno del signore millenovecentonovantasei; quella est risale con altrettanta decisione solo nel duemilaundici.
la prima data segna la fine della mia vita da studente e l'inizio di quella lavorativa. niente più notti di... ahem... studio... con lume di candela e musica di sottofondo, niente più walkman (oddio, esisteva ancora il walkman...) da usare nel tragitto casa-università, niente più pomeriggi passati a riversare i cd sulle musicassette (ma come ho fatto a laurearmi?).
silenzio.
poi verso il duemilacinque qualche impercettibile rumore di fondo: zecchino d'oro, sigle dei cartoni animati...
e improvvisamente l'anno scorso BAM! mi trovo davanti una parete di roccia alta seimila metri che risale netta e decisa verso la superficie.
provo a risalirla proprio come un batiscafo, illuminandone la superficie con le luci di bordo. scopro cose che non immaginavo esistessero. gruppi musicali mai sentiti. generi nuovi. musica che non pensavo potesse entrare in casa mia. si va dal rap alla techno fino al revival anni sessanta.
i miei figli hanno iniziato a sviluppare i propri gusti musicali. a dividerli dai miei, manco a dirlo, un vero e proprio abisso laurenziano. migliaia di metri di nulla che separano gli u2, i guns&roses e tom waits dai jonas brothers.
non mi ero reso conto di quanto avessi trascurato la musica negli ultimi anni. quindi ben vengano i dischi dei miei figli, se mi possono aiutare a risalire in superficie.
e poi dicono che certe parole sono desuete e inutili.

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