lunedì 16 gennaio 2012

lessico famigliare

è buffo come anche dopo tanti anni che uno vive in un posto, dopo che ne ha assimilato (quasi) tutti gli usi ed i costumi, dopo che ne ha appreso il dialetto e può persino vantarsi di conoscere la mentalità degli indigeni, è buffo, dicevo, come dopo tutto questo, possa arrivare sempre il classico fulmine a ciel sereno a ricordarti che sei pur sempre un immigrato. un emigrante. uno che è arrivato con la valigia di cartone in cerca di fortuna e che se anche la fortuna l'ha trovata (sotto forma di nr.1 donna perfetta e nr.3 nani meravigliosi) la valigia di cartone è sempre riposta in un angolo a ricordarti da dove vieni.
ieri mattina, tornato dalla corsetta domenicale (si veda sotto) mia moglie mi fa "facciamo quattro chiacchiere?". io, ben disposto per l'esercizio fisico appena compiuto, rinfrancato da recente doccia e colazione, sbarbato, pulito e profumato, mi siedo con il sorriso dei giorni migliori e la guardo pieno di aspettative "certo amore, volentieri"
"allora dai"
"eccomi"
"cominciamo?"
"sono qui"
"vabbè fai qualcosa, prendi le uova, tira giù la macchina della pasta... qualcosa..."
inizio a chiedermi per quale motivo serva la macchina della pasta per parlare del più e del meno, finché dalle nebbie del mio cervello ottuso dai troppi abusi enogastronomici, emerge una pallida luce a rischiarare intorno.
quelle che nella mia umbria natìa si usano chiamare "frappe" qui in piena terra di celti e terramaricoli sono note come "chiacchiere".
la mia ingenua voglia di conversare amabilmente con l'oggetto del desiderio si è tragicamente trasformata in due ore buone di frittura di dolci carnascialeschi.
alle ventritrè ancora puzzavo.
è proprio vero: è dura la vita dell'emigrante.

2 commenti:

Flavia ha detto...

Pensa che da noi si chiamano
"galani"!

Chissà che avresti risposto alla domanda:
"facciamo quatto galani"?
hehehehehehehe

filippo ha detto...

paura!!!