giovedì 6 dicembre 2007

voglia di scherzare









dice “fatti un rigido”
dice “perché?”
dice “don’t ask son” e lo dicono con quell’aria di chi sa cose che tu non arriverai mai a capire nemmeno campassi mille anni. E allora tu zitto zitto ci pensi, rimugini, fantastichi…. E non ti rendi conto che un rigido ce l’hai già in box. E lo monti praticamente da quando hai cinque anni e il figlio dei vicini, più grande di te di qualche anno, ti ha insegnato ad andare senza rotelle. Allora pensi: calma. Ragioniamo. Caffè, Toscanello e sediamoci comodi che qui la faccenda si fa complicata. E inizi a scavare tra i ricordi…. Dunque, io col mio “rigido”, anzi coi miei rigidi (perché ne ho cambiati, sfasciati e consumati un bel po’) ho fatto una quantità di chilometri che al confronto i Mongoli di Gengis-Khan sembravano dei mezzemaniche che non schiodano mai il culo dalla sedia. Ho percorso strade e stradine di ogni tipo. Pianura, mare, montagna, lago, asfalto, sterrato, un po’ di tutto. E che cosa ho imparato? Beh innanzi tutto che un telaio rigido a più di 90 kmh garantisce la stessa governabilità ed aderenza di una palla di vetro unta di grasso di foca e lasciata andare su una superficie di ghiaccio mentre c’è il terremoto. Ho anche notato che dopo i primi 50-60km alla vista di una buca le mani e la fronte si bagnano di sudore, senti un brivido freddo lungo la schiena e inizi a pensare “….zzo i cerchioni! ‘fanculo i cerchioni qui mi gioco il cambio….’fanculo il cambio adesso ci rimetto i polsi…’fanculo i polsi qui saltano via le pal…” – BUCA! E se per caso ti trovi su un tratto di sterrato va anche peggio. E quando hai la sorte (madre o matrigna non si sa, ma sempre sorte è!) di nascere in Umbria (il Cuore Verde dell’Italia, ci insegnavano da piccoli a scuola…mah…) con lo sterrato ci devi fare i conti a pranzo cena e colazione. Ed è sterrato vero (mica quella roba finto-rustico che i cumenda mettono attorno alle ville pagandola a prezzo d’oro e selezionandola in modo che non faccia troppo casino perchè vabbe essere chic però il ghiaino non deve mica rompere troppo gli zebedei!), che quando ci passi sopra a 20kmh fai un polverone che sembra di essere nel Sahara durante una tempesta di sabbia, e ci sono dei sassi che sembrano i fiordi norvegesi praticamente ovunque e il tuo rigido ti concede il piacere di contarli tutti: ogni sasso una vertebra… toc! E via il coccige, ri-toc! E salta l’osso sacro! Ri-ri-toc e comincia il ballo delle lombari!! E poi su fino alle cervicali ché quando arrivi lì è come se qualcuno stesse suonando le maracas col tuo capoccione e se ce la fai a tornare a casa tutto intero sei pronto per il diploma di fisioterapista, ché ormai conosci per nome e soprannome ogni tua giuntura, legamento e osso. E allora ti alzi. Butti via il bicchierino del caffè e il mozzicone di Toscanello. Ti avvicini al tuo rigido (che continui a usare quando puoi per venire in ufficio perché è pur sempre un vecchio amore, il primo a due ruote), le dai una pacca affettuosa sul sellino (vacca, che manco lì ci mettono due cavolo di molle!) e sussurri, senza farti sentire dal gruppetto di gente là in fondo col giubbottone di pelle: meno male che ha casa ho un softail! f
ilippo

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