mercoledì 2 agosto 2017

il vecchio e il fango

il rugby giocato, per una lunga serie di ragioni, è ormai un lontano ricordo. resta indubbiamente la passione per quello che rimane lo sport più bello del mondo, il gusto di seguire le partite da spettatore e l'orgoglio di poter sostenere il caponano da bordo-campo ogni fine settimana.
e il fango.
non so perché ma il fango è qualcosa che ti rimane dentro.
credo sia qualcosa di profondamente infantile: il gusto di potersi rotolare in terra senza paura di sporcare i vestiti. perché in fondo la voce della mamma che, premurosa, ti invita a prestare attenzione al vestiario mentre stai giocando in camera tua ("trapocodobbiamouscire! setisporchitiammazzo!! comeèveroiddio!!!") è qualcosa che ti è rimasto dentro anche in età adulta.
e il piacere sottile di poter trasgredire a questo pacato comandamento materno ancora oggi ti reca non poca soddisfazione.
forse è per questo che, sostiuiti da tempo i denti da latte, a quarantacinque anni suonati ti ritrovi, per usare una similitudine, a rotolare nel fango come un maiale satollo.


la corsa si è svolta poco più di un mese fa a malpensa e tu hai cercato di farne un resoconto dettagliato, pubblicabile e godible ma il mix di fatica, ipossia, ipoglicemia, ipertermia e disidratazione hanno legerissimamente offuscato le tue già limitate capacità cognitive ed hai dovuto abbandonare il proposito, trincerandoti dietro un vago "eh, sai, sono sensazioni uniche... difficili da descrivere a parole" mormorato con sguardo assente e un po' trasognato agli amici che ti chiedevano di raccontare.
in estrema sintesi: due ore e un quarto passate ad arrampicarti su muri, strisciare sotto il filo spinato, portare palle di cemento, sacchi di sabbia e catene su e giù per le salite di una pista da cross e fare altre cose che una persona sana di mente non farebbe in un normale sabato mattina di giugno.
e il fango. fango ovunque. fango in terra, fango sui vestiti. fango nei capelli, in bocca, sotto le unghie, nella scarpe, nelle mutande. fango limaccioso che non si stacca. fango che quando sei in fila alle docce ti si secca sulla pelle con un piacevolissimo effetto ceretta. fango che per toglierlo devi stare un quarto d'ora sotto un getto d'acqua gelata, che però tutto sommato fa piacere perché ti riporta la temperatura corporea al di sotto dei 42 gradi centigradi che è sempre una cosa buona.
e così, dopo un'opportuna ripulita, qualche birra, molta acqua e una banana che inspiegabilmente sa di fango, ti ritrovi ad essere un po' più presentabile


e ti dici "oh! dai! bello, divertente, sfidante... però ammazza che fatica! sono contento di averla finita ma gallina beccami se mi faccio incastrare un'altra volta! da oggi pipa, pantofole, bicchiere di cognac davanti al camino..."
poi ti ricordi che hai smesso di fumare, che le pantofole non le usi, il cognac se ci sono 38 gradi all'ombra non è la bevanda più indicata e il camino in casa manco ce l'hai.
e allora dopo qualche settimana ti trovi iscritto alla prossima spartan, quella di misano adriatico. albergo prenotato, biglietto del treno comprato, tabella di allenamento rivista e corretta per cercare di tamponare alcune delle falle che sono emerse prepotentemente a malpensa.
e già che ci sei ti fai anche una garetta intermedia a monza, per tenere in caldo il motore: 12km, 22 ostacoli. molto più tranquilla della spartan e decisamente goliardica nello spirito.
i nani ti vengono a vedere e fanno il tifo sugli ultimi ostacoli.
finisci in 1h e 50' ma, eliminando i tempi di attesa agli ostacoli, il tempo effettivo di gara è di circa 1h e 20'
ti concedi un mega-hamburger, un gatorade, due birre e 4 bottiglie d'acqua e mentre torni alla macchina contento capisci che proprio non ci sei tagliato per quella roba delle pantofole e della pipa. e che per quanto tu possa essere vecchio, il richiamo del fango sarà sempre troppo forte per resistere.
dai che a settembre c'è misano.
chi viene?



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