sabato 9 ottobre 2010

il zirco

il circo (pron. "zircou") al mio paese arrivava tutti gli anni, puntuale come le castagne in autunno o le piogge di primavera.
era un circo alla buona, di provincia. non uno di quelli delle grandi famiglie circensi con cavalli bianchi e grandi numeri da prima serata.
era uno di quelli dove noi ragazzi un po' più smaliziati potevamo intrufolarci quando ancora stavano allestendo le piste, finché qualcuno ci notava e ci chiamava "ué té! z'hai vollia di dare una mano? che po ti regalo un billietto omazzo per te e uno per una tua amichetta" e noi dagli a spostare balle di fieno, a tirare corde e a sudare sette camicie per un paio di biglietti omaggio. pardon, omazzo.
erano quei circhi in cui l'attrattiva maggiore non erano i numeri in pista ma i costumi succinti delle trapeziste. talmente sgambati da poter turbare per settimane l'immaginario di noi ragazzi di provincia, abituati a vedere le compagne di scuola in grembiule blu o al massimo tuta da ginnastica in flanella con pantaloni lunghi e cerniere di sicurezza alle caviglie (non sia mai che nel movimento si sollevino quei quattro centimetri scoprendo la caviglia!!!)
e assieme al circo arrivava lui. regolare e immancabile. il compagno-di-scuola-del-circo. io l'ho avuto in classe per tutte le elementari. ogni anno dalla prima alla quinta. alle medie se lo beccava qualcun altro.
era il più odiato da tutti noi maschi e, manco a dirlo, il più amato dalle femminucce. aveva il fascino esotico di uno che girava il mondo e già a otto o nove anni si guadagnava pane e companatico facendo cose che noi non ci sognavamo nemmeno. anche le più carine della scuola, quelle sempre altezzose e con la puzza sotto il naso, si scioglievano tutte e continuavano a ronzargli attorno a piccoli gruppi, dandosi di gomito o ridacchiando ad ogni suo sguardo o gesto o parola.
aveva nomi improbabili e mai sentiti dalle nostre parti. si chiamava quasi sempre gabriel o manuel. una mosca bianca in un paese fatto di "paolo", "simone" e "luca" e dove tutti i nomi (parliamo della provincia profonda di trenta anni fa, ragazzi!) finivano invariabilmente con una vocale.
a ricreazione di solito se ne stava in disparte a fare cose che attirassero l'attenzione delle ragazze e facessero montare la bile di noi ragazzi: camminava sulle mani, faceva il giocoliere con qualsiasi cosa (dalle merende dei bambini più piccoli ai sassi del cortile) o si improvvisava equilibrista.
era inarrivabile, imbattibile e inaffondabile. a turno tutti i maschi alfa del branco lo sfidavano, ognuno per la sua specialità. e a turno venivano tutti umiliati. era più veloce del miglior corridore, più forte del più forte, più bullo dei bulli e più coraggioso dei temerari. con lui solo il primo della classe aveva gioco facile (perché diciamolo, in quanto a materia grigia...) ma si sa che i neuroni non sono mai stati considerati attraenti o sexy quanto un paio di bicipiti, quindi mettere in cattiva luce le sue lacune cognitive non ci aiutava a guadagnare punti nei confronti del gentil sesso.
per quei dieci o venti giorni noi maschietti eravamo tutti solidali e coesi. facevamo fronte comune contro l'invasore. contro il galletto straniero che veniva a farsi bello proprio nel nostro pollaio. ma erano botte (fisiche e morali) continue. umiliazioni e sconfitte una dietro l'altra.
quando poi finalmente decidevamo di sfoderare i nostri biglietti omazzo per andarci a godere lo spettacolo tutti assieme (maschi e femmine in gruppo) te lo trovavi li, ai margini della pista, a fare da assistente ai giocolieri o ai trapezisti. e via di nuovo tutte le ragazzine a sciogliersi in risatine, ammiccamenti e saluti... e noi che uscivamo fumanti e biliosi. costretti ad annegare la nostra frustrazione in un doppio chinotto liscio.
anni duri.
ma c'è una Giustizia Suprema. un Fato Che Tutto Governa.
ho letto di recente che un domatore di leoni è stato quasi sbranato dai suoi animali.
non so se si chiamasse gabriel o manuel.
so solo che il bambino di otto anni che ancora vive in me, ha iniziato a fare gestacci inconsulti e a provare una nuova e insospettabile simpatia per quella che linneo classificò come "panthera leo"... vendetta felina!

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