lunedì 21 novembre 2016

dei delitti e delle pene

e poi succede.
succede quando meno te lo aspetti.
succede di venerdì sera, al termine di una settimana difficile, mentre già pregusti il weekend. sai che tuo figlio non può giocare per un leggero infortunio alla schiena e che gli impegni, inaspettatamente scarsi, ti permetteranno un po' di relax. rientri in casa, posi lo zaino nello sgabuzzino dove sai che resterà fino al lunedì mattina con tutto il suo carico evocativo di problemi e magagne di lavoro, inizi lo spegnimento graduale del cervello, quando tua moglie ti gela con una stilettata: "amore (detto alla nanetta) hai detto la novità a papà?".
e le due si scambiano un sorriso complice.
no.
nessuno ti ha comunicato la novità.
nei tre millisecondi che seguono passi in rassegna tutte le tegole che ti potrebbero piovere sulla testa, ma non trovi nulla che si sposi con i visi apparentemente distesi e sereni di tua moglie e tua figlia che, comodamente sedute sul divano, si godono la vista della statua di sale in cui ti hanno momentaneamente trasformato.
"uh, papi, è vero. domani c'è l'open day del beccaria e io vorrei andare a sentire..."
silenzio.
e nel silenzio percepisci, netto, il suono delle tue ghiandole salivari che si prosciugano. vorresti dire "certo amore" con aria noncurante ma dato che hai un chilo di sabbia in bocca ti esce fuori una cosa tipo "amfghh fhgh"
il beccaria.
per chi non è di milano giova spiegare che il beccaria sta alle scuole superiori come i navy seals stanno al servizio militare. non solo è impegnativo perché è un liceo classico e, come tutti i licei classici, richiede un sacco di studio. è impegnativo al punto che se a uno che fa il classico nomini il beccaria gli vengono le ginocchia tremule e le convulsioni, poi in rapida successione nausea, svenimenti, piorrea e necrosi delle orecchie.
però non sono cose che al momento si possono dire e così, mentre il tuo cervello è un turbinio di scenari apocalittici, te ne esci con un "ok, ottimo. adesso ci organizziamo e andiamo".
ti alzi alle sei e mezza di sabato mattina per prendere il treno delle otto. colazione al bar della stazione, dove incontri un'altra mamma-con-figlia che prende lo stesso treno.
fai quattro chiacchiere mentre aspetti al binario. sali a bordo, scendi e raggiungi la scuola. entri e, tra busti, targhe e marmi, gli studenti ti indirizzano verso l'aula magna dove, alle 9 e spicci, il preside inizia la sua presentazione.
tu sondi il terreno nelle poche pause del discorso. "allora tesoro che te ne pare fino ad ora?"
"dai papà, parliamo dopo!"
ecco. ci mancava pure di fare la figura del fancazzista chiacchierone con tua figlia che, per buona misura, si sorbisce tutta la presentazione cosi


respirando a mala pena e senza praticamente battere gli occhi. a seguire ci portano a fare un giro delle aule e ci danno la possibilità di fare domande agli studenti. la nanetta scopre così che c'è davvero tanto da studiare, che alcuni insegnanti di latino seguono il metodo "naturale" che significa che in classe si parla latino, che ci sono un sacco di attività extra come lo sci ("papi ma io non so sciare, come faccio?") che però non sono obbligatorie e altre come il lavoro estivo che invece sono obbligatorie.
verso mezzogiorno torni al treno, con la nanetta che si ostina a mantenere il più assoluto silenzio stampa e promette di dare un parere solo davanti alla famiglia riunita. e puntualmente a tavola arriva il responso.
"sono indecisa"
"in che senso amore? non sai se il classico va bene per te?" (timido barlume di speranza)
"no. ho deciso che voglio fare il classico" (tonfo al cuore)
"ah, quindi non sai se il beccaria è adatto?" (timido barlume di speranza)
"no. mi è piaciuto un sacco e voglio andare li" (tonfo al cuore)
"ma allora..." (timido barlume di speranza)
"è che ho visto una sola scuola e non sono tranquilla a decidere senza un termine di paragone. comunque ci terrei a fare i micro-inserimenti per vedere che cosa succede durante le lezioni" (gioco, set e incontro alla nanetta)
e così ha inizio.
una delle nanette ha deciso, di testa propria, che farà una scuola fuori dal coro, lontano da casa, prendendo il treno tutti i giorni, sobbarcandosi una mole di lavoro che manco nelle saline. e per me è stato un po' come se avesse già deciso di lasciare il nido. e mi sono ritrovato a passare quasi tutto il fine settimana col magone e il cuore come una biglia.
qualcuno di voi gente votata allo scibile mi sa spiegare perché i figli devono crescere?
no perché se fosse per me...

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