la catena cigola in modo sinistro ad ogni pedalata.
caldo.
lo zaino aderisce alla schiena sudata e, dopo appena un chilometro, sento le prime gocce di sudore scivolare tra le scapole.
la bici pesa un quintale. non è la mia amatissima scatto fisso.
quella ormai l'ho salutata ciao-ciao perché mio figlio ha deciso che gli piaceva più della sua e i figli si sa... piezz 'e core...
quindi sono in giro con una specie di mountain bike vecchia di non so quanti anni che elena ha comprato alla decathlon e usato due volte.
lasciata ad arrugginire per troppo tempo in garage, ha deciso di sfogare su di me tutto il suo rancore con una sinfonia di scricchiolii sinistri, cigolii vari e problemi "tecnici" di varia natura.
il cambio vive di vita propria e cambia rapporto ad ogni buca, senza che io lo tocchi.
il manubrio gira sul proprio asse e passa da un'impostazione "ape-hanger" a una "superbike" nel giro di due secondi. e ovviamente senza preavviso.
il sellino sembra che abbia deciso di evirarmi. da dieci minuti buoni si sta lentamente e inesorabilmente inclinando all'indietro.
i freni sono andati. devo pianificare ogni frenata con almeno venti metri di anticipo e per le emergenze, come da bambino, devo mettere i piedi a terra e affidarmi alla tenuta delle suole.
decido di allungare il tragitto di ritorno per fare una sosta da piffio a vedere come procedono i lavori.
procedo lento sotto la cappa del primo caldo semi-estivo. ci saranno almeno ventisei gradi.
la schiena ormai è zuppa e se continuo così anche lo zaino sarà da strizzare.
faccio lo slalom tra i pedoni che invadono la ciclabile, non sapendo che rischiano la vita ad ogni passo per via dei miei freni inutilizzabili.
pedalare diventa sempre più difficile e doloroso per via della sella.
mi sembra che il manubrio si stia allontanando da me. non capisco. al primo semaforo scendo e mi rendo conto del problema: non è la sella che si sta inclinando, è l'asta della sella che si sta piegando all'indietro sotto l'augusto peso dei miei quasi cento chili.
calcolo che di questo passo tra 4 chilometri si spezzerà di netto e finirò impalato.
decido che forse non è il caso e opto per la strada più sicura, anche se più faticosa: pedalare in piedi.
quando arrivo da piffio i polpacci sono duri come il vibranio.
scendo.
entro.
- ciao filippo
- ciao piffio, tutto bene?
- si dai. tu?
- bene grazie. e la moto? pensavo di trovarla già sotto i ferri....
- sto ancora aspettando i pezzi. tranquillo comunque. ti ho detto due settimane e vedrai che entro due settimane te la restituisco.
- eh. guarda... speriamo... comunque la vedo bene, dai.
- si, si, tranquillo. vedrai che poi la troverai anche meglio.
- magari ripasso settimana prossima, tanto per vedere...
- quando vuoi.
rimonto in sella (si fa per dire, continuo a pedalare in piedi) e prendo in considerazione l'idea di passare in discarica per buttare la bici direttamente nel cassone dei rifiuti con dei riti voodoo per evitare che il suo spirito venga a impalarmi nelle notti di luna piena. o anche in quelle senza luna o di qualsiasi altra luna perché anche se non sono un esperto in materia nutro la convinzione che quando devi essere impalato la luna faccia davvero poca differenza. alla fine decido che è meglio cercare di arrivare a casa prima possibile, quindi giro al largo dalla discarica e procedo cigolando e sferragliando verso il traguardo.
non vedo l'ora che arrivi la prossima settimana. e visto che una foto ci sta sempre bene:
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