lunedì 7 ottobre 2013

a fettine

domenica ho fatto il porco.
vabbè che detto così... vale la pena spiegare.
dunque.
pare che in quel di bresso, mia ex città adottiva, si celebri ogni anno una sagra detta "della madonna del pilastrello".
non vale la pena chiedersi perché la suddetta madonna si sia accontentata di un pilastrello quando avrebbe potuto, a buon diritto, richiedere un pilastro in piena regola; né giova notare l'evidente errore di chi ha realizzato gli striscioni pubblicitari omettendo gli spazi ed annunciando a caratteri cubitali quel "SAGRAMADONNA" che sa tanto di blasfemia.
quisquilie. pinzillacchere. roba che non fa notizia. quello che ci interessa (almeno a me, per quanto vi riguarda spero che abbiate cose più serie da fare) è che mi sia stato chiesto di dare una mano allo stand gastronomico.
bene, ho detto io.
c'è da preparare i panini con la porchetta.
meglio, ho risposto. non faccio per vantarmi ma di porchetta ne mastico (in senso letterale oltre che metaforico) da quando ero ancora un garzoncello scherzoso.
mi presento speranzoso e all'ora fatidica vengo assegnato all'affettamento.
benissimo.
mi vengono indicati il banco, il coltello, il grembiule (con l'inequivocabile "amici della porchetta" stampato sopra)... insomma c'è tutto. o quasi.
faccio timidamente notare la totale assenza di suini, vivi o defunti. un maiale non è cosa da poco. voglio dire... lo si nota.
mi si dice che la porchetta è in frigo.
e qui scatta il primo brivido lungo la schiena. porchetta fredda... porchetta in frigo... come si fa a far mangiare a qualcuno la porchetta appena uscita dal frigo, dai!
no-no-tranquillo, mi dicono, la scaldiamo sulla piastra elettrica.
ah beh...
ma il peggio deve ancora venire. al dunque, vengo messo davanti ad una porchetta di ariccia. ora, per chi non sia fissato, la cosa potrà apparire di poco conto. ma per uno che da anni fa della carne suina la propria bandiera, la porchetta di ariccia sta alla vera porchetta come un martello pneumatico sta all'aria sulla quarta corda di bach.
avvilito, inizio ad affettare la porchetta gelata fino a quando mi viene fatto notare che sto facendo fette troppo regolari.
"come troppo regolari?"
"si, sbriciolala un po' così è più facile metterla nei panini..."
"ah..."
per capire l'abisso che mi si è parato davanti a questo punto, devo spiegare che a casa dei miei affettare era una roba da cintura nera settimo dan. mio padre ha iniziato a spiegarmi la teoria dell'uso dei vari coltelli quando avevo circa sei anni e per i successivi dieci ha continuato imperterrito, senza mai permettermi di avvicinarmi a una lama perché "non ero ancora pronto" ma saggiando la mia preparazione teorica con continue domande a sorpresa (tipo che piombava alle 3 di notte in camera, accendeva la luce e con due coltelli in mano gridava "quale si usa per disossare il prosciutto?").
quando poi sono potuto passare dalla teoria alla pratica, ho dovuto dimostrare un'abilità normalmente richiesta solo agli chef dei ristoranti 3 stelle michelin: taglio del pane, taglio e pulitura del prosciutto crudo, taglio del capocollo, taglio del pane bendato, taglio acrobatico di verdure...
ogni fetta veniva analizzata, misurata con il calibro, pesata e, se mostrava uno scarto superiore al 5% rispetto alla media delle altre fette ero costretto a incollarla di nuovo e ricominciare.
quando mi hanno detto di tagliare alla come-viene-viene mi sono venuti i sudori freddi. mi girava la testa. avevo le gambe molli.
gli dei del maiale, ovviamente offesi da cotanta ingiuria, hanno mandato sulla sagramadonna una pioggia torrenziale.
ho eseguito, di malavoglia, per i primi minuti. ma poi mi è scattato qualcosa dentro e ho (ri)cominciato a fare fette precise, regolari, tutte uguali.
in tre ore ho affettato una porchetta e mezza, senza quasi alzare la testa, con la precisione maniacale di un autistico.
a fine turno ho accettato di mollare il coltello solo dietro la promessa che prima o poi si decideranno ad assaggiare la porchetta vera. calda. tagliata spessa. con la cotenna croccante e non gommo-collosa.
e per l'amor di dio (e della sagramadonna) mangiata senza maionese e senza senape.
miscredenti.

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