mercoledì 8 maggio 2013

trentuno



è curioso come certi eventi, o certe date ti si stampino nella testa più di altre.
il pomeriggio di sabato 8 maggio 1982 io stavo guardando la tv con tutta la soave beatitudine di un decenne che sa che il giorno dopo non c'è scuola.
ero amabilmente spaparanzato sulla poltrona di cuoio marrone della sala.
c'era un raggio di sole che arrivava pigro e tiepido dalla finestra della cucina.
i miei erano al lavoro, perché hanno sempre lavorato anche il sabato, e perché allora non esisteva ancora il fine-settimana e si lavorava tutti e di più.
ero in casa con mia nonna. immagino che da qualche parte ci fosse anche mia sorella, ma un maschio di dieci anni e una femmina di tredici hanno ben poche cose in comune, oltre al desiderio di procurarsi ecchimosi e tumefazioni di vario genere e tipo.
ricordo chiaramente mia nonna uscire dalla sua camera, entrare in sala, e dire, col candore di chi non sa di infliggere una mazzata allucinante, che "è morto quel pilota... quello che ti piace tanto... come si chiama?"
"CHI?" - un vago presagio di qualcosa di brutto brutto brutto.
"non mi ricordo... ha un nome francese.... se vieni di la lo vedi, lo stavo guardando alla tv"
il resto è abbastanza confuso.
la camera di mia nonna. la tv accesa. un groppo alla gola infinito a vedere e rivedere quelle immagini, quella macchina che spuntava volando da dietro un dosso e una specie di fagotto informe staccarsi e schiantarsi contro la recinzione.
e quel fagotto era una sagoma umana.
ho passato giorni e giorni a leggere tutti i giornali che mi passavano a tiro. a cercare di capire come potesse essere successa un cosa tanto assurda a uno che aveva sfidato la sorte, vincendo, un milione di altre volte.
mi ricordo tutti i pettegolezzi e le chiacchiere da bar.
c'era chi diceva che fosse deconcentrato perché solo pochi giorni prima era stato beffato all'ultima curva dal suo compagno di squadra, didier pironi, che gli aveva scippato la vittoria di imola e un sacco di punti preziosi per il mondiale. io c'ero. in prima fila, proprio sul traguardo. me li ricordo quei due musetti rossi emergere da dietro il cartellone pubblicitario tra il boato della folla. e mi ricordo l'urlo di gioia morirci in gola a tutti quando l'auto nr 28 superò la 27 cento metri prima del traguardo.
c'era chi sosteneva che fosse tutta colpa di jochen mass, che pur essendo lento era rimasto in traiettoria, diventando una mina vagante per chiunque arrivasse alle sue spalle.
ci fu anche chi mi disse in faccia che "i piloti di formula uno se la vanno proprio a cercare e lui ha avuto solo quello che si merita". e dopo trentun anni io ancora non ti ho perdonato per quella frase vigliacca. allora non ti potevo rispondere, perché mi avevano insegnato che ai grandi si porta rispetto, e tu eri pure la mia maestra. ma adesso sono grande anche io. e te lo dico: VAFFANCULO.
si disse tutto. e il contrario di tutto.
per me fu l'inizio della fine. se ne era andato uno degli ultimi gentleman driver. un pirata, un signore, un pazzo. uno a cui non potevi non voler bene, con i suoi eccessi, il suo coraggio da leone, il suo cuore immenso.
quando mio figlio mi ha chiesto come mai la formula uno non mi appassiona più e perché oggi non la guardo gli ho fatto vedere il video qui sotto.
sarò nostalgico, ma era proprio tutta un'altra cosa.
ciao gilles.


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